L’Italia di calcio e i giovani:un’ambizione da ritrovare

L’(in)successo della nazionale di Prandelli nell’atto finale degli Europei 2012 in Polonia e Ucraina e la successiva visita al Quirinale con foto e abbracci di tutta la delegazione azzurra con il presidente Napolitano, deve far riflettere. Tutte queste celebrazioni per averne prese quattro (e dico 4 dalla Spagna!!) sono figlie di una cultura che ben si discosta da altre  meritocratiche (non ricordo ad esempio in passato l’ex presidente del Brasile Lula ricevere  la sua nazionale arrivata seconda in Coppa America o ai Mondiali); e che hanno analogie con la crisi italiana in generale e nello specifico con quella di noi giovani. Ammettendo che la Spagna è adesso veramente la squadra calcistica più forte al mondo, tuttavia l’Italia è pur sempre la squadra europea con più titoli mondiali. Oggi è però prima di tutto sia nello sport che in generale una nazione che sta perdendo la sua vocazione verso l’ambizione e sinceramente questo mantenimento dello status quo già drammatico che il Paese sta vivendo a livello economico-sociale mi preoccupa e non poco. Una poca voglia di rischiare, di lottare, di dimostrare di essere i migliori. Una sorta di malessere, o citando Baudelaire,di “spleen”. Una malinconia che in Italia confluisce nel piacere (quasi la gioia) di accontentarsi. La comodità di dire: “Ho fatto tutto quello che potevo”. Ma è sempre veramente così? Ad esempio Prandelli perché non dirà mai semplicemente “Anch’io ho le mie colpe ho sbagliato tutto, ho sbagliato ad esempio ad insistere su Chiellini infortunato al posto di Balzaretti, e ad inserire ad inizio ripresa un Thiago Motta tutt’altro che irresistibile nelle precedenti uscite al posto di Diamanti e Nocerino e così via?” Il nostro c.t. non lo fa perché rappresenta la metafora del giovane di oggi che anziché essere spronato dall’ambiente che lo circonda a prendersi le sue responsabilità, a rischiare, a lavorare, a fare un’esperienza all’estero e/o ad arricchirsi culturalmente finisce spesso per incanalarsi nella più facile e  conveniente delle scelte: quella della comodità e della paura di perdere la condizione di privilegio (se possiamo chiamarla tale) che si vive. Un giovane, infatti, finisce in assenza di stimoli per accettare (qualora le condizioni economiche glielo permettano) sempre più spesso le avances di conseguire una laurea magari poi anche magistrale (studiando nella migliore delle ipotesi 5-7 anni). Il più fortunato, durante la vita universitaria, e qui trovo un’altra analogia con la nazionale prandelliana si diverte alla Balotelli con fiumi di alcool, serate in discoteche e donne. Il più sfortunato invece non si chiama MB ed è costretto a fine mese a mettere le mani in tasca e ad accorgersi che sono sempre più vuote e si rende conto che non ha più quelle trecento euro semplicemente perché ha appena  pagato l’affitto, o si accorge che quel regalo di anniversario alla fidanzata è saltato, perché questa volta proprio questa quel lavoro settimanale è andato in frantumi così come la prevista remunerazione. Entrate economiche che quindi finiscono per provenire spesso e volentieri da un’unica fonte: i genitori e i parenti; e si perché con i tempi che corrono anche il prestito di un amico è merce assai rara. Una pacca sulla spalla di Napolitano ai calciatori dell’Italia, così come una pacca sulle spalle riceviamo noi giovani dai nostri genitori, dalle istituzioni, dagli insegnanti, dal mondo del lavoro in generale, tutti attori che invadono, convivono, anestetizzano la vita dei giovani. I nostri sogni finiscono spesso per essere cambiati dalla natura degli eventi e a volte ci scopriamo vuoti, alla ricerca di un successo che magari non equivarrà alla parola felicità. Vorrei solo che l’Italia e l’intera classe dirigente infonda ambizione tanta ambizione anche a noi giovani concedendoci una chance nel mondo del lavoro e delle opportunità in un universo che finora non fa che escluderci. Non è vero che non abbiamo sogni, non è vero che siamo incapaci di essere la colonna portante del Paese, ciò che è vero è che per i vostri ritardi per la vostra paura finiremo per sbagliare. Perchè non è colpa nostra se continuiamo a ricevere semplici carezze e non opportunità. Riceviamo una semplice carezza, dai genitori che quantomeno sbagliano perché ci vogliono bene e forse troppo: “Bravo ti stai laureando, non puoi lavorare e laurearti insieme”, dal cinico mondo del lavoro: “Si, in effetti hai un bel voto di laurea, ma hai poca esperienza cerchiamo un altro profilo, ti rifarai” e infine, dai politici con Napolitano che ci invita “a scendere in campo per cambiare l’Italia”, ma alla prima occasione utile ci accorgiamo già di esser stati sbattuti fuori, perchè non abbiamo ricevuto gli input concreti per farlo.

Vorrei fiducia, vorrei che i sogni di noi giovani a livello occupazionale siano sempre rivolti verso un futuro concreto, in questo modo l’Italia  finalmente comincerà a correre e avrà alla base tanti Jordi Alba. Però per fare ciò la rivoluzione deve partire oltre che dal basso, e quindi da noi giovani subalterni di un sistema, anche dall’alto, dalle cosiddette élites.

Promettetemi quindi che non si verifichi più che ad un giovane che si presenti ad un colloquio, il suo futuro datore di lavoro gli risponda in questo modo: “Come facciamo ad investire in una formazione e in un contratto su di te, se poi dopo un po’ smetti di fare contratti, non ti impegni e finirai per fare aperitivi?” o semplicemente “Non hai esperienza, non ce la sentiamo di investire su di te..”.

Perché se queste sono le premesse, allora non diteci che non abbiamo voglia di metter su famiglia, contribuire, lavorare perché siamo viziati o “schizzinosi” per usare un termine di moda grazie alla Fornero, piuttosto ogni tanto chiedetevi quanto sarebbe bello scommettere su un giovane adesso per raccogliere poi dei frutti. Del resto chiudendo l’analogia con il calcio, pensiamo a dov’era il movimento calcistico spagnolo fino a 5 anni fa: aveva semplicemente vinto un Europeo nell’era paleolitica (1964) e di certo non si sarebbe accontentato di raggiungere una finale per poi perderla ed essere ricevuta dal Re Juan Carlos; spinta dall’ambizione, ha osato e  investendo su giovani di talento ha vinto la sua scommessa, completandola con un Triplete leggendario.

Spetta ora dunque a voi politici, a voi mondo del lavoro in generale permettere quindi a noi giovani di esplodere.

Dimenticavo, però alla prima “amichevole” che perdiamo non dateci subito contro, per favore dateci tempo, perché continuando ad essere umili stiamo pian piano perdendo l’ambizione, condizione essenziale per raggiungere traguardi importanti..